giovedì 4 settembre 2014

Itajaì - Diario di bordo 2

In Brasile si mangia bene. 
Costantemente nel pranzo: pollo (frango), riso (arroz) e fagioli che la nonna della mia famiglia ospite (di cui continuo ad ignorare il nome ed è ormai troppo tardi per chiederlo a figli e nipoti) chiama 'fasur'. La nonna pensa di parlare italiano ma, in verità, conosce solo un po' di dialetto padovano. Io le confermo che 'fasur' è italiano e siamo tutti contenti. Ora di questi fasur solo io sembro risentire degli effetti collaterali. 

Si mangia a mezzogiorno, la nonna è categorica e la famiglia si deve riunire. Mangiando così presto è inevitabile la merenda che nella maggior parte dei casi è a base di frutta. 
Nella foto l'orto della nonna con un albero di axai (si legge assaì) frutto esclusivo brasiliano che cresce sul tronco. Nella foto sono ancora verdi ed acerbi. Quando diventano rosso scuro sono pronti. La buccia non si mangia e neanche il nocciolo ovviamente. Insomma è come sbucciare le olive o le ciliegie. 

Poco da dire sulla cena che è quasi inesistente. Me ne accorsi quando la mamma della mia prima famiglia ospite (Andrea) aveva cucinato un ciambellone per cena. Rimasi perplessa. Garcia Marquez me lo aveva preannunciato ne 'L'amore ai tempi del colera', a cena cioccolata. Ma pensavo fossero altri tempi.

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