venerdì 12 settembre 2014

Itajaì - Diario di bordo 4

Le persone che ho incontrato: 

Una coppia di norvegesi sorridenti che è arrivata in barca a vela (per la verità io non capisco come una barca di quindici metri possa attraversare l'oceano), ha attraccato a Itajaì e pianificano di circumnavigare l'America del Sud. Tanto per la cronaca sono in viaggio già da un anno e mezzo.

Una coppia di olandesi, lei giornalista e lui fotografo, che girano il mondo in barca documentando regate. Hanno parcheggiato vicino ai norvegesi e immagino che la notte si facciano lunghe chiacchierate su quanto siano fortunati a poter viaggiare e bla bla bla... Gli olandesi mi hanno fatto un paio di urletti quando gli ho detto che ho vissuto ad Amsterdam. Mi hanno chiesto se sono stata bene lì e nonostante la mia risposta entusiasta hanno sottolineato che non sono un popolo tanto accogliente quanto i brasiliani.

Centinaia di adolescenti in una scuola pubblica di Navegantes, puzza di ormone in fase di sviluppo in un'aula strapiena. Cibo a non finire. Uno di loro (labbra enormi, ma enormi veramente) a proposito dell'accoglienza mi dice che è parte della loro cultura. E io vado subito a pensare agli Indios e all'accoglienza che offrirono ai loro conquistadores. Gli Indios si sono praticamente estinti.

Un professore di scienze che comprò una casa ad Itajaì nel 2008 per 90mila reais e adesso la sua casa ne vale 280mila.

Oda commercialista cinquantenne sprint che ha sempre caldo a causa della menopausa e vuole diventare amministratrice di condomini. Vanta sonni tranquilli per non aver mai accettato una mazzetta. In Italia dice che combatterebbe le mafie.

E Daniela, 22enne dell'Equador che domani torna a casa. Amica per aver pianto insieme (lei più di me). Delusa dall'organizzazione del nostro progetto (AIESEC responsabile) ha sofferto molto la mancanza dei genitori e della movida che si aspettava di trovare. Considera i brasiliani delle persone d'oro, ma a lei il Brasile non è piaciuto.  

sabato 6 settembre 2014

Itajaì -Diario di bordo 3

Oggi è giorno di regata all'Assosaçao Nautica de Itajaì. Io ci insegno inglese durante la settimana. Di vela non me ne intendo ma sto imparando, poca cosa per il momento. 
Mi presentano gente fra cui una signora che si chiama Ho, ha vissuto in Olanda come me e come me non ha imparato una ceppa di olandese. Sinceramente mi dice che a lei il Brasile non piace.

Domani 7 settembre sarà un giorno festivo e tutti si lamentano che sia capitato di domenica e non si fanno neanche un mezzo ponte. Si festeggia l'indipendenza dal Portogallo. Noi con la scuola sfiliamo e andiamo a salutare le autorità. Autorichi?
Dunque, il sud del Brasile è la parte più ricca e produttiva del paese, su questo non c'è dubbio, sembra di stare in Europa per l'impressionante quantità di immigrati italiani, portoghesi e tedeschi. Siamo già alla terza generazione di discendenza. Il mio bisnonno era italiano, per capirsi.
C'è una sorta di razzismo verso il nord del Brasile, non sono lavoratori dicono, prendono la 'bolsa familia' che è una sorta di reddito di cittadinanza (aggiudicabile solo se hai figli e nel frattempo frequenti un corso di formazione professionale), e sono carioca ovvero 'felici e senza preoccupazioni'. Insomma a detta di tutti, gli rovinano la reputazione. Fortunatamente ho incontrato Cleonessa, una prof di portoghese e inglese (che non parla inglese ma suppongo parli un ottimo portoghese) che pensa esattamente il contrario. Mi dice che il nord è ricco di cultura, flora, fauna e acqua e non hanno bisogno di nulla, se non di essere conosciuti. Poi mi ha parlato dell'identità brasiliana che secondo lei non esiste e per questo si addolora, di Lula che ha avuto un'importanza assoluta per la politica brasiliana e dell'egemonia americana che la preoccupa non poco. Cleonessa la leonessa! 

Cose che mi hanno colpito: una volta ottenuta l'indipendenza era proibito parlare italiano o qualsiasi altra lingua che non fosse il poroghese. Il voto è obbligatorio dai 18 ai 60 anni, pena multe e esclusione dai concorsi pubblici. 
Senza alcun merito particolare, e a dirla tutta anche ingnorante in materia, mi hanno fatto salire sulla barca della giuria della regata. Tutti contenti che ci fosse un vento della madonna. Ho sofferto e mangiato almeno otto banane. 

giovedì 4 settembre 2014

Itajaì - Diario di bordo 2

In Brasile si mangia bene. 
Costantemente nel pranzo: pollo (frango), riso (arroz) e fagioli che la nonna della mia famiglia ospite (di cui continuo ad ignorare il nome ed è ormai troppo tardi per chiederlo a figli e nipoti) chiama 'fasur'. La nonna pensa di parlare italiano ma, in verità, conosce solo un po' di dialetto padovano. Io le confermo che 'fasur' è italiano e siamo tutti contenti. Ora di questi fasur solo io sembro risentire degli effetti collaterali. 

Si mangia a mezzogiorno, la nonna è categorica e la famiglia si deve riunire. Mangiando così presto è inevitabile la merenda che nella maggior parte dei casi è a base di frutta. 
Nella foto l'orto della nonna con un albero di axai (si legge assaì) frutto esclusivo brasiliano che cresce sul tronco. Nella foto sono ancora verdi ed acerbi. Quando diventano rosso scuro sono pronti. La buccia non si mangia e neanche il nocciolo ovviamente. Insomma è come sbucciare le olive o le ciliegie. 

Poco da dire sulla cena che è quasi inesistente. Me ne accorsi quando la mamma della mia prima famiglia ospite (Andrea) aveva cucinato un ciambellone per cena. Rimasi perplessa. Garcia Marquez me lo aveva preannunciato ne 'L'amore ai tempi del colera', a cena cioccolata. Ma pensavo fossero altri tempi.

mercoledì 3 settembre 2014

Itajaì - Diario di bordo 1

Dove: un'esistenza calma ma con qualche eccesso nel weekend fa si che io mi trovi qui. Itajaì, stato di Santa Catarina, sud del Brasile. Ci rimarrò fino al 28 Ottobre 2014.

Perché: Vitto e alloggio. Considerando il caro affitto romano le mie spese mensili si sono praticamente annullate. Queste almeno erano le motivazioni iniziali, attualmente non so il motivo per cui sono qui, a parte il lavoro, certo.

Come: Tramite AIESEC, una associazione no profit della Sapienza che mi ha proposto di trasferirmi due mesi ad insegnare inglese. L'inglese imparatelo come si deve.

Sembrerà una banalità ma tutto si dimentica, ecco io scrivo per non dimenticare. I posti che visito, le persone che conosco, quello che mangio, le idee che mi catturano e qualsiasi altra cosa io voglia portare nell'etere. 

Lory, mia madre, oltrepassò i confini italiani una sola volta da nubile. Andò a Parigi dove tre cugini l'aspettavano per farle visitare la città (e probabilmente controllarla anche). Annotò su un tacchuino il numero dei gradini che bisognava salire per arrivare al primo, al secondo e al terzo piano della tour Effeil. Attualmente è l'unica cosa che ricorda di Parigi.

La vista di Itajaì dal Morro da Cruz, che significa monte della croce. Saranno neanche 200 metri sul livello del mare (dell'oceano ad essere precisi). La città che oggi ha 200000 abitanti e 200 anni di storia si estende a perdita d'occhio.